Ci sono due città in Europa considerate fatali. Una è Sarajevo, l’altra è Danzica. Nella prima l’assassinio dell’arciduca Franz Ferdinand fu la scintilla per l’inizio della Grande Guerra, nella seconda i cannoni di una corazzata tedesca che aprirono il fuoco a Westerplatte sancirono l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Danzica, una città che ha anticipato spesso la narrazione storica verso quel qualcosa che l’ha resa unica fino ai giorni nostri.
E’ la storia quella vera, che a malapena si riesce a studiare nelle scuole perchè non si fa mai in tempo a finire i programmi, o semplicemente perchè si tira a campare…E allora se la storia di un pezzo di mondo la vuoi conoscere ed assaporare con eleganza, entusiasmo e curiosità, Danzica è uno di quei luoghi imperdibili, dove passato e presente fanno a gara nell’accoglierti.
Posta sulla confluenza del fiume Motlawa con la Vistola, è la più grande città portuale e balneare della Polonia. Danzica fa parte dell’agglomerato urbano formato dalle città di Gdynia e Sopot e altre città suburbane, che insieme formano un’area metropolitana chiamata Tripla Città (Trójmiasto), con una popolazione di circa 750.000 abitanti.
Danzica vanta una storia millenaria: fu infatti una delle più importanti città della Lega Anseatica e fino agli inizi del XVIII secolo era la città più grande della Polonia. Camminando per ciò che resta del Westerplatte si scorgono ancora le macerie di quella battaglia che vide il 1° settembre 1939 i tedeschi attaccare la penisola di Westerplatte per conquistare il porto di Danzica. Un’esigua guarnigione resistette per sette giorni alle truppe tedesche, rafforzando, in tal modo, il morale del popolo polacco. A guerra conclusa, Westerplatte divenne uno dei simboli della resistenza polacca all’invasione tedesca ed è ancora oggi meta di visitatori da ogni parte del mondo. Ruderi e mausolei commemorativi a parte, se la visiti al tramonto e chiudi gli occhi senti ancora gli echi della Storia.
Perchè Danzica sembra guardare dall’alto della sua superba angolazione un’intera nazione, quella polacca appunto, stretta da sempre in una morsa tra Est ed Ovest, con il Baltico a fare da sfondo alla sua epopea. Ieri come oggi, dalla sua nascita alla tragedia del secondo conflitto mondiale che l’hanno ridotta a brandelli, fino alla leggendaria apparizione di Solidarnosc per giungere al paradosso bielorusso ed ucraino dei giorni nostri. Una nazione sempre in contraddizione, mai certa di come sarà il domani, costantemente in dubbio se stare di qua o di là.
A tratti Danzica sembra più Baltica che polacca, nella sua architettura e nel cibo, nelle persone e nelle abitudini quotidiane. Poi però fai un salto indietro nel tempo e dopo una full immersion nel futuristico e meraviglioso Second World War Museum, che stilisticamente e per disposizione dei contenuti ricorda molto il 911 Museum di New York, ti ritrovi di fronte ai cantieri navali. E qui ti rendi conto davvero che questa è una città unica nel suo splendore.
Dei cantieri navali da cui partirono gli scioperi di Solidarność in tutta la Polonia rimane all’ingresso solo la vecchia insegna, “Stocznia Gdanska” posta sul cancello numero 2. Da qui se guardi a nord puoi osservare le gigantesche gru portuali che come tanti baluardi fanno da sfondo al gelido baltico. Se ti volti di spalle al cancello ed alzi lo sguardo verso l’alto, il Monumento agli operai del Cantiere navale, caduti negli scontri del 1970 si erge maestoso sotto il tramonto dorato.
Un cancello. Il cancello. Una struttura che solitamente passa inosservata, di cui ne noti a malapena la ruggine che ne segna la vetustà, e del quale puoi scrutarne la forma del lucchetto, i cardini, il colore della vernice scrostata, ne puoi accarezzare il metallo cercando di capirne la lega che lo ha forgiato. Ma questo non è un cancello come gli altri, questo non passa inosservato perchè intorno a questo cancello si è forgiata la storia di una nazione, la storia d’Europa, la storia dei popoli, la nostra storia. Qui davanti, migliaia di persone hanno lottato per i propri diritti, ne hanno stretto forte il metallo, lo hanno sballottato di qua e di là per far valere le proprie ragioni, vi ci sono saliti sopra impugnando una bandiera, vi hanno scioperato tutt’intorno. Attraverso le sbarre di questo cancello gli operai dei cantieri navali hanno fatto transitare cibo e alimenti, si sono stretti la mano, si sono feriti e a ridosso di esso molti hanno perso la vita (nel dicembre 1970 una rivolta operaia venne duramente repressa dal regime comunista causando 42 morti).
Oggi varcare il cancello numero 2 dei cantieri navali Lenin (come furono ribattezzati il 15 aprile del 1967, 50° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre) è un po’ come attraversare la linea immaginaria del Muro di Berlino o passare attraverso l’apertura del confine italo-sloveno di Gorizia. Attraversare quel cancello ed avvicinarsi all’edificio che ospita lo European Solidarity Center, dove Solidarity sta proprio per Solidarność, il nome del sindacato che cambiò la storia della Polonia e dell’Europa, provoca brividi di emozione per chi ha vissuto, seppur nel comodo Occidente, la straordinaria vicenda umana, sociale e politica iniziata proprio davanti a questo cancello da Lech Walesa e dai suoi compagni di lotta. In alto sopra il cancello, è affissa una copia del grande pannello di legno (l’originale si trova nel museo adiacente) con le ventuno richieste che stavano alla base della piattaforma di lotta degli operai del cantiere navale che grazie agli scioperi dell’agosto 1980 portarono agli accordi di Danzica, con il riconoscimento di Solidarność come primo sindacato libero ed indipendente del blocco sovietico.
Lo sciopero ebbe inizio il 14 agosto 1980, in seguito al licenziamento dell’operaia Anna Walentynowicz in quanto aderente ad un sindacato libero, con l’occupazione da parte dei lavoratori del cantiere navale Lenin e si trasformò nel giro di tre giorni in una protesta pubblica a livello nazionale contro le autorità comuniste. Gli scioperi e la nascita di Solidarność diedero inizio ad un percorso ad ostacoli lungo circa un decennio che con il forte sostegno della Chiesa Cattolica, diede una sferzata definitiva alla caduta dei regimi comunisti nei Paesi dell’Est Europa.
Di tutto questo e molto altro, mediante un percorso dettagliato, un museo ed una biblioteca, è possibile approfondirne la storia di quei giorni mediante un viaggio estremamente ben costruito e mai noioso. Nei moderni e luminosi ambienti dell’European Solidarity Center di Danzica, dalla cui terrazza è possibile affacciarsi sull’enorme estensione dei cantieri navali, i sentimenti collettivi che la Polonia ed il mondo intero sperimentavano intorno a quegli anni sono ancora vivi. E’ un’emozione forte ripercorrere la cronologia temporale di quei giorni quando un folto gruppo di operai, motivati da una passione ed un orgoglio unici, fecero la Storia, quella con s maiuscola, quella che dovrebbe essere raccontata ai millennials e che invece purtroppo o forse per fortuna per assaporarla, bisogna bagnarsi le mani nelle fredde acque del Baltico. Un mare strano il Baltico, che da sempre con la sua gelida dolcezza abbraccia Danzica, una città che non deve spaventare se osiamo a definirla precorritrice dei tempi che furono. Perchè lei è lì assopita, dolce e in attesa di ciò che sarà.
E se attraversando il cancello 2 dei cantieri navali vedi sventolare bandiere bielorusse, sai per certo che al di là del confine polacco, sta già per accadere qualcosa che potrebbe segnare per sempre la storia dei popoli, la storia d’Europa, e ancora una volta… la nostra storia.