Ruins of the Zoroastrian Fire Temple in Yazd

L’Iran dietro le porte chiuse. Il viaggio epico di Stephan Orth

“E' un Paese che incanta e fa arrabbiare. Incanta perchè ci sono città come Yazd, Shiraz, Isfahan, una natura magnifica e perchè la cordialità delle persone è unica al mondo. Fa arrabbiare perchè impone una religione di Stato ai cittadini, senza lasciare loro libertà di scelta”.

Il pullman a lunga percorrenza avanza a poco a poco in una coda di periferia, dove centinaia di bandiere iraniane e luci verdi-bianco-rosse incorniciano la superstrada. Tre colori: verde per la fede, rosso per il sangue dei martiri e, costretto in mezzo, il bianco per la pace e l’amicizia. Il simbolo della spada con le quattro falci di luna, una rappresentazione stilizzata del nome di Dio, campeggia sul terzo bianco. Come per mostrare che, in caso di dubbio, le armi e Allah sono comunque più importanti della pace. Ma che tipo di Paese è veramente quello su cui sventola questa bandiera?”.

E’ un Paese in cui si naviga tra le leggi e si scampa sempre la collisione per un pelo proprio come un’autista iraniano all’ora di punta.

E’ un Paese in cui le antenne paraboliche sono vietate eppure sembra che ce ne sia una per ogni casa. L’abbigliamento succinto e i veli tirati indietro sui capelli sono vietati ma di pomeriggio nei parchi di Teheran sono onnipresenti. Facebook è vietato eppure tutti i ragazzi sotto i trent’anni lo usano.

E’ un Paese in cui ogni città è tappezzata con dipinti di martiri sui muri, monumenti patriottici, ritratti dei capi di Stato e ogni luogo vive con la propaganda della Repubblica Islamica che aleggia sui propri abitanti.

E’ un Paese che incanta e fa arrabbiare”, così lo racconta l’autore in questo reportage pieno di umanità e colore, divertente e illuminante. “Incanta perchè ci sono città come Yazd, Shiraz, Isfahan, una natura magnifica e perchè la cordialità delle persone è unica al mondo. Fa arrabbiare perchè impone una religione di Stato ai cittadini, senza lasciare loro libertà di scelta”.

Stephan Orth, autore tedesco e giornalista pluripremiato, ci conduce in un Iran affascinante, pieno di storia e cultura ma spesso frainteso e ancora raramente visitato dai viaggiatori occidentali. Secondo l’autore, incallito viaggiatore, backpacker e scopritore del mondo tramite i rapporti umani vissuti nei Paesi visitati, sarà per la loro storia plurisecolare, sarà per il regime dittatoriale che ne plasma le vite, sarà per la loro voglia di evasione, gli iraniani sono il popolo più ospitale del mondo.

Dalla Germania, Orth ha organizzato i suoi soggiorni presso ragazzi e ragazze iraniane che sfidano il governo ospitando turisti in casa propria. Il sito attraverso il quale Orth li trova e contatta è Couchsurfing, la pratica appunto di ospitare in casa propria e gratuitamente chi ne fa richiesta.

In circa due mesi, Stephan attraversa l’Iran via terra assaporando la gioia di vivere di una popolazione sotto controllo costante da parte del regime.

Cammino e non trovo nemmeno una finestra dalla quale cogliere anche solo il minimo dettaglio di un salotto o di una cucina. In Iran chi ha qualcosa da nascondere si ritira negli appartamenti. Fortezze contro l’eterno. Perchè solo se sei circondato da muri, ecco uno dei tanti paradossi dell’impero di Khomeini, puoi essere libero. Voglio carpire al Paese i suoi segreti e scoprire cosa si nasconde dietro le finestre cieche e le porte serrate”.

L’Iran dietro le porte chiuse (Stephan Orth, Keller, trad. Melissa Maggioni, 314 pagine) è un libro seducente e spensierato, scritto con tutta l’energia accumulata in un viaggio epico, che si rivolge a tutti coloro i quali dimenticano facilmente che la realtà in ogni Paese è diecimila volte più varia di come viene mostrata dai media o da qualsiasi altra forma di idealizzazione. Perchè l’Iran è un Paese in cui “la gioia è un crimine” ha scritto su Twitter la nota giornalista Golnaz Esfandiari ma dove il crimine è osteggiato quotidianamente da 44 milioni di ragazzi sotto i trent’anni che parlano inglese fluente, sono interessati ai viaggi e alla vita in Occidente e aspirano a più libertà. “Un gruppo che ha sviluppato una straordinaria routine nell’infrangere la legge, nonostante incombano punizioni draconiane. Mai nei trentacinque anni di Repubblica Islamica sono stati così tanti”.

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